* Una precedente versione di questo saggio è stata presentata al VI Incontro Italo-spagnolo di filosofia analitica del diritto: "Il ragionamento giuridico", Trapani, 21-23 Settembre 2000 e sarà pubblicata negli atti del Convegno.


1- J.L. COLEMAN, B. LEITER, Determinacy, Objectivity, and Authority, in A. MARMOR (edited by), Law and Interpretation. Essays in Legal Philosophy, Clarendon Press, Oxford, 1995, pp. 203-278. Questo saggio è una replica puntuale a J.W. SINGER, The Player and the Cards: Nihilism and Legal Theory, "The Yale Law Journal" 94, 1, 1984, pp. 3-70. In breve, Singer individua tre tesi caratterizzanti il Critical Legal Studies Movement. La prima, che, per la verità a me sembra una tesi banale e pressoché unanimemente condivisa, consiste nel considerare il diritto come un fenomeno storicamente contingente. La seconda tesi rimarca l'irrimediabile indeterminatezza e contraddittorietà del ragionamento giuridico. La terza ed ultima tesi enfatizza il carattere non neutrale del diritto; il diritto, cioè, è visto come un meccanismo per creare e legittimare determinati assetti economici e politici. Nel saggio citato, Coleman e Leiter rivolgono la loro attenzione prevalentemente alla seconda ed alla terza di queste tesi.

2- Si veda tuttavia il paragrafo 2.1.

3- A. MILLER, Objectivity, in E. CRAIG (General Editor), Routledge Encyclopedia of Philosophy, Routledge, London & New York, 1998, Volume 7, pp. 73-76.

4- Cfr., ad esempio, A. MARMOR, Three Concepts of Objectivity, in ID. (edited by), Law and Interpretation. Essays in Legal Philosophy, cit., pp. 177-201. Vittorio Villa ritiene che sia possibile individuare un concetto unico di oggettività, cioè valevole in tutti gli ambiti conoscitivi, ma solo a condizione di adottare un paradigma epistemologico di un certo tipo, che egli chiama "costruttivismo post-analitico". Cfr. V. VILLA, Costruttivismo e teorie del diritto, Giappichelli, Torino, 1999, pp. 107-113.

5- F. VIOLA, Oggettività e verità dei valori morali, di prossima pubblicazione.

6- Cito da S. VECA, Premessa a T. NAGEL, Uno sguardo da nessun luogo (1986), trad. di A. Besussi, Il Saggiatore, Milano, 1988, p. VII.

7- Così, ad esempio, T. NAGEL, ult. cit.

8- Devo ringraziare Vittorio Villa per avermi aiutato a chiarire e precisare il mio pensiero a questo proposito.

9- Se si nega l'esistenza di un concetto unitario di oggettività, il problema della scelta si pone preliminarmente al livello concettuale e solo dopo al livello delle diverse concezioni che condividono uno stesso concetto. Sulla distinzione tra 'concetto', 'concezione' e 'nozione' si veda anche il paragrafo 3.3.

10- A. MARMOR, Three Concepts of Objectivity, cit. Cfr. anche A. MARMOR, An Essay on The Objectivity of Law, in B. BIX (edited by), Analyzing Law: New Essays in Legal Theory, Clarendon Press, Oxford, 1998, pp. 3-31. La tripartizione di Marmor non è del tutto convincente. In particolare, il modo in cui egli definisce l'oggettività semantica non mi sembra particolarmente felice. Detto questo, ritengo che il discorso di Marmor aiuti a distinguere con una certa precisione l'oggettività da concetti quali verità, realismo e determinatezza.

11- A. MARMOR, Three Concepts of Objectivity, cit., p. 181.

12- L'oggettività metafisica corrisponde alla nozione forte di oggettività. Cfr. paragrafo 1.

13- J.L. COLEMAN, Truth and Objectivity in Law, "Legal Theory", 1, 1995, p. 38.

14- A. MARMOR, Three Concepts of Objectivity, cit., p. 183.

15- M. DUMMETT, The Interpretation of Frege's Philosophy, Duckworth, London, 1981, p. 434. In modo analogo Hirst definisce il realismo come: "la prospettiva secondo cui gli oggetti materiali esistono esternamente a noi ed indipendentemente dalla nostra esperienza di senso. Il realismo, quindi, si contrappone all'idealismo, che ritiene che tali oggetti materiali o realtà esterne non esistono a prescindere dal fatto che noi le conosciamo o ne abbiamo consapevolezza; in questo modo, quindi, l'universo intero sarebbe dipendente dalla mente e, in un certo senso, sarebbe un "universo mentale"". R.J. HIRST, Realism, in P. Edwards (ed. by), The Encyclopedia of Philosophy, Macmillan, New York, 1967, p. 77.

16- Cfr. H. PUTNAM, Ragione, verità e storia (1981), trad. di A. N. Radicati di Brozolo, Il Saggiatore, Milano, 1985.

17- La distinzione (e, soprattutto, la mancata distinzione) tra realismo metafisico e realismo interno diviene spesso causa di gravi fraintendimenti. In particolare, molti autori che rifiutano il realismo metafisico si professano, tout-court, anti-realisti, pur attestandosi su posizioni che possono pur sempre essere considerate realiste, anche se deboli. Un esempio che ci riguarda da vicino è rappresentato da Coleman che oscilla ambiguamente tra realismo in senso debole ed anti-realismo. Cfr. V. VILLA, Costruttivismo e teorie del diritto, cit., pp. 162-163; H. PUTNAM, Are Moral and Legal Values Made or Discovered?, "Legal Theory", 1, 1995, pp. 5-19; J.L. COLEMAN, Truth and Objectivity in Law, cit., in particolare pp. 61-64.

18- Seguo qui Lawrence B. Solum che, in relazione al diritto, definisce la determinatezza nel modo seguente: "Il diritto è determinato rispetto ad un caso dato se e solo se l'insieme che racchiude i risultati accettabili da un punto di vista giuridico è composto da uno ed un solo elemento". [L.B. SOLUM, Indeterminacy, in D. PATTERSON (ed. by), A Companion to Philosophy of Law and Legal Theory, Blackwell, Oxford, 1996, p. 490]. Evidentemente, tra la determinatezza assoluta e l'indeterminatezza vi è un'ampia gamma di posizioni intermedie.

19- Come dice Marmor, il realismo metafisico ammette "errori comprensivi": se la realtà è del tutto indipendente dalla rappresentazione che ne viene data, allora è possibile che tutti si sbaglino. Cfr. A. MARMOR, An Essay on The Objectivity of Law, cit.

20- Cfr. V. VILLA, Conoscenza giuridica e concetto di diritto positivo, Giappichelli, Torino, 1993, pp. 224-226.

21- C. WRIGHT, Realism, Meaning and Truth, Blackwell, Oxford, 1987, pp. 1-2.

22- E' possibile distinguere ulteriormente tra il "realismo di senso comune", che riguarda entità osservabili - alberi, fiumi e così via - e il "realismo scientifico", che riguarda entità non osservabili - elettroni, neutrini e così via. Cfr. M. DEVITT, Realism & Truth, Basil Blackwell, Oxford, 1984, in particolare pp. 22-23.

23- Cfr. N. RESCHER, Scientific Realism. A Critical Reappraisal, D. Reidel Publishing Company, Dordrecht/Boston/Lancaster/Tokyo, 1987, in particolare pp. 1-9.

24- Cfr. R.N. BOYD, How to Be a Moral Realist, in G. SAYRE-MCCORD (ed. by), Essays on Moral Realism, Cornell University Press, Ithaca and London, 1988, pp. 181-228, in particolare pp. 181-183; J. WALDRON, The Irrelevance of Moral Objectivity, in R.P. GEORGE (edited by), Natural Law Theory. Contemporary Essays, Oxford University Press, Oxford, 1992, pp. 158-187. Nagel propone una definizione più debole di realismo morale: "Il realismo normativo è la visione secondo cui proposizioni su ciò che ci dà ragioni per l'azione possono essere vere o false indipendentemente da come le cose ci appaiono, e possiamo sperare di scoprire la verità trascendendo le apparenze e sottoponendole a valutazione critica. Quello che cerchiamo di scoprire con questo metodo non è un nuovo aspetto del mondo esterno, chiamato valore, ma piuttosto solo la verità su quello che noi e altri dovremmo fare e volere". [T. NAGEL, Uno sguardo da nessun luogo, cit., p. 172].

25- A. MARMOR, Three Concepts of Objectivity, cit., p. 194.

26- La concezione di oggettività logica presenta interessanti analogie con la nozione dworkiniana di "ipotesi estetica". Cfr., ad esempio, R. DWORKIN, Questioni di principio (1985), trad. di E. D'Orazio, Il Saggiatore, Milano, 1990, pp. 179-218.

27- La relazione che lega oggettività metafisica e determinatezza può essere meno stretta nel caso in cui si accolga una versione debole di realismo.

28- A questo proposito, cfr. K. GREENAWALT, Law and Objectivity, Oxford University Press, Oxford/New York, 1992.

29- Cfr., M. FIORAVANTI, Appunti di storia delle costituzioni moderne. Le libertà fondamentali, Giappichelli, Torino, 1995, p. 125; J. HABERMAS, Morale diritto politica (1988), trad. di L. Ceppa, Einaudi, Torino, 1992, pp.43-78. Nel suo noto saggio, Flavio Lopez de Oñate considera la certezza un ideale connaturato al diritto: "L'esigenza della certezza della norma, cioè della legge, e conseguentemente, attraverso di essa, della certezza del diritto, è stata sempre sentita come ineliminabile per la convivenza sociale ordinata". [F. LOPEZ DE OÑATE, La certezza del diritto, a cura di G. Astuti, Giuffrè, Milano, 1968, p. 47].

30- Cfr. J.L. COLEMAN, B. LEITER, Determinacy, Objectivity, and Authority, cit., pp. 212-216.

31- Pur non potendo dilungarmi su tale critica in questa sede, ritengo che essa presupponga un'interpretazione parziale, se non addirittura errata, del pensiero di Hart. Lo stesso Hart, peraltro, scrive: "Tuttavia, l'eliminazione di ogni incertezza, senza badare ai costi che ciò comporta in termini di altri valori, non è un compito che io ho mai pensato di attribuire alla regola di riconoscimento". [H.L.A. HART, The Concept of Law (Second Edition), With a Postscript edited by P.A. BULLOCH and J. RAZ, Clarendon Press, Oxford 1994, p. 251].

32- Riprendo questa distinzione da E. DICIOTTI, Verità e certezza nell'interpretazione della legge, Giappichelli, Torino, 1999, pp. 8-12.

33- E. DICIOTTI, ult. cit., p. 11.

34- N. MACCORMICK, Legal Reasoning and Legal Theory, Clarendon Press, Oxford, 1978, p. 17.

35- A. MARMOR, An Essay on The Objectivity of Law, cit., p. 4.

36- Si tratta del tradizionale "problema ontologico del diritto". Cfr., ad esempio, N. BOBBIO, Teoria generale del diritto, Giappichelli, Torino, 1993, pp. 23-31.

37- Nello spazio delimitato dalle concezioni della validità proposte rispettivamente dallo strict e dal soft positivism è possibile rinvenire una pluralità di concezioni intermedie. Cfr. per tutti L. FERRAJOLI, La semantica della teoria del diritto, in U. SCARPELLI (a cura di), La teoria generale del diritto. Problemi e tendenze attuali. Studi dedicati a Norberto Bobbio, Comunità, Milano, 1983, pp. 81-130 e, in particolare, pp. 115-125.

38- Nei suoi scritti più recenti Dworkin ha sensibilmente attenuato le sue critiche al positivismo giuridico. Ritengo anzi che da Law's Empire in poi la concezione del diritto di Dworkin coincida per molti versi con il soft positivism. A questo proposito, mi permetto di rimandare a A. SCHIAVELLO, Diritto come integrità: incubo o nobile sogno? Saggio su Ronald Dworkin, Giappichelli, Torino, 1997. Cfr. anche G. BONGIOVANNI, La teoria "costituzionalistica" del diritto di Ronald Dworkin, in G. ZANETTI (a cura di), Filosofi del diritto contemporanei, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1999, pp. 247-285; J.J. MORESO, En defensa del positivismo jurídico inclusivo, non ancora pubblicato.


39- Con questo non intendo dire né che la concezione della identificazione del diritto difesa da Raz sia la migliore tra quelle qui presentate, né che non sia possibile argomentare a favore dell'oggettività dell'interpretazione del diritto a partire da una concezione della identificazione del diritto diversa da quella di Raz.

40- Tale tesi è ben espressa da John Austin quando scrive: "L'esistenza del diritto è una cosa, i suoi meriti o demeriti un'altra. Se esso esista o meno, costituisce un certo tipo di indagine, se esso si conformi o meno a uno standard assunto, costituisce un altro tipo d'indagine. Una legge che effettivamente esista, è tale anche quando non ci piaccia o sia difforme dal parametro sul quale regoliamo la nostra approvazione o disapprovazione". [J. AUSTIN, Delimitazione del campo della giurisprudenza (1832; trad. it. dalla edizione del 1954 a cura di H.L.A. Hart), trad. di G. Gjylapian (a cura di M. Barberis), Il Mulino, Bologna, 1995, p. 228]. Hart in modo analogo afferma: "…non è in nessun senso una verità necessaria che le leggi riproducano o soddisfacciano certe esigenze della morale, anche se nella realtà esse hanno spesso fatto questo". [H.L.A. HART, Il concetto di diritto (1961), trad. di M. Cattaneo, Einaudi, Torino, 1991, p. 217].

41- Per dirla con Hart: "…la norma di riconoscimento esiste soltanto come una prassi complessa, ma di solito concorde, dei tribunali, dei funzionari e dei privati, di individuazione del diritto in riferimento a certi criteri. La sua esistenza è una questione di fatto". [H.L.A. HART, Il concetto di diritto, cit. p. 130]. Cfr. J.L. COLEMAN, B. LEITER, Legal positivism, in D. PATTERSON (ed. by), A Companion to Philosophy of Law and Legal Theory, cit., pp. 243-244; B. BIX, Jurisprudence: Theory and Context, Sweet & Maxwell, London, 1996, pp. 50-52. In termini leggermente diversi si può anche dire, seguendo Klaus Füßer, che la separability thesis ammette due diverse interpretazioni. La prima versione, che Füßer chiama Fallibility Thesis, sostiene che non è una verità necessaria che il diritto riproduca determinate convinzioni morali. La seconda versione, che Füßer chiama Neutrality Thesis, sostiene che non è necessario (e, soprattutto, non è opportuno) fare riferimento alla giustizia o ad altri valori morali per definire o individuare il diritto. [K. FÜßER, Farewell to 'Legal Positivism': The Separation Thesis Unravelling, in R.P. GEORGE (ed. by), The Autonomy of Law. Essays on Legal Positivism, Clarendon Press, Oxford 1996, pp. 119-162, in particolare pp. 121-122].

42- J. RAZ, Legal Positivism and the Sources of Law, in ID., The Authority of Law. Essays on Law and Morality, Clarendon Press, Oxford, 1979, pp. 39-40.

43- J. RAZ, ult. cit., p. 48.

44- Per non appesantire il discorso, ho presentato una ricostruzione semplificata della concezione raziana dell'interpretazione del diritto. In particolare, non ho introdotto la importante e problematica distinzione che Raz fa tra pure legal statements e applied legal statements. Cfr. J. RAZ, Legal Reasons, Sources, and Gaps, in ID., The Authority of Law. Essays on Law and Morality, cit., pp. 53-77 e, in particolare, pp. 62-65.

45- Per una difesa di tale concezione cfr. E. MITROPHANOUS, Soft Positivism, "Oxford Journal of Legal Studies", 17, 1997, pp. 621-641. Contra, cfr. R. DWORKIN, L'impero del diritto (1986), trad. di L. Caracciolo di San Vito, Il Saggiatore, Milano, 1989, cap. iv, pp. 111-144.

46- L'etichetta soft positivism individua gli scritti di alcuni studiosi, principalmente anglo-americani, che si propongono di rendere il positivismo giuridico hartiano meno vulnerabile alle critiche sollevate da Dworkin. Cfr. N. MACCORMICK, Legal Reasoning and Legal Theory, cit.; D. LYONS, Ethics and the Rule of Law, Cambridge University Press, Cambridge, 1984; J.L. COLEMAN, Negative and Positive Positivism, in M. COHEN (edited by), Ronald Dworkin and Contemporary Jurisprudence, Duckworth, London, 1983, pp. 28-48; W. WALUCHOW, Inclusive Legal Positivism, Clarendon Press, Oxford, 1994. Lo stesso Hart, nel Postscript alla seconda edizione di The Concept of Law, afferma esplicitamente di considerarsi un soft positivist: "Dworkin, attribuendomi quel tipo di positivismo che considera il diritto come un "dato di fatto", ha ritenuto, sbagliando, che la mia teoria non richiedesse soltanto che l'esistenza e l'autorità della regola di riconoscimento dovesse dipendere dal fatto della sua accettazione da parte delle corti (cosa che io, in effetti, sostengo), ma anche che i criteri di validità giuridica fissati da tale regola dovessero consistere esclusivamente in quel particolare tipo di dato di fatto che egli chiama pedigree e che riguarda il modo e la forma in cui il diritto è creato ed adottato (cosa che io nego)". [H.L.A. HART, The Concept of Law (Second Edition), cit., p. 250]. Da ultimo, cfr. J.J. MORESO, En defensa del positivismo jurídico inclusivo, cit.

47- Wilfred Waluchow accoglie una definizione di soft positivism che è più ampia rispetto a quella che ho presentato nel testo seguendo Coleman. Egli infatti sostiene che: "una caratteristica distintiva del positivismo inclusivo risiede nell'affermazione che standards di moralità politica, cioè relativi a quella moralità che ci permette di valutare, giustificare, e criticare le istituzioni sociali e le attività ed i prodotti di queste ultime, ad esempio le leggi, possano figurare (ed in effetti figurino) in vario modo nei tentativi di determinare l'esistenza, il contenuto, ed il significato del diritto valido". [W. WALUCHOW, Inclusive Legal Positivism, cit., p. 2]. Cfr. E. MITROPHANOUS, Soft Positivism, cit., p. 622.

48- Cfr. J.L. COLEMAN, Negative and Positive Positivism, cit., p. 41.

49- Eleni Mitrophanous ad esempio scrive: "[Una] critica al soft positivism è che il fatto che esso ammetta criteri morali nella regola di riconoscimento è incompatibile con la funzione del diritto di identificare con certezza gli standards giuridici del sistema". [E. MITROPHANOUS, Soft Positivism, cit., p. 627].

50- Cfr. R. DWORKIN, Taking Rights Seriously, Harvard University Press, Cambridge (Mass.), 1977 [Trad. par. di F. Oriana, I diritti presi sul serio, Il Mulino, Bologna, 1982, in particolare pp. 79-121].

51- Dworkin scrive: "Chiamo "principio" uno standard, che deve essere osservato non perché provochi o mantenga una situazione (economica, politica, o sociale) desiderata, ma in quanto è un'esigenza di giustizia, o di correttezza, o di qualche altra dimensione della morale". [R. DWORKIN, I diritti presi sul serio, cit., p. 90]. Cfr. J.L. COLEMAN, B. LEITER, Legal positivism, cit., p. 242.

52- A questo proposito Enrico Diciotti rileva correttamente che: "[Dworkin] è…uno dei pochi teorici del diritto contemporanei a difendere con decisione la tesi che ogni insieme di possibili risultati interpretativi contrastanti contenga uno ed un solo risultato interpretativo corretto e che le tesi interpretative, non diversamente dalle tesi teoriche, siano vere o false". [E. DICIOTTI, Verità e certezza nell'interpretazione della legge, cit., pp. 202-203].

53- Cfr. N. MACCORMICK, Legal Reasoning and Legal Theory, cit., p. 112; P. COMANDUCCI, Principi giuridici e indeterminazione del diritto, in P. COMANDUCCI e R. GUASTINI (a cura di), Analisi e diritto 1997. Ricerche di giurisprudenza analitica, Giappichelli, Torino, 1998, pp. 55-68, ora in P. COMANDUCCI, Assaggi di metaetica due, Giappichelli, Torino, 1998, pp. 81-95; R. GUASTINI, Teoria e dogmatica delle fonti, Giuffrè, Milano, 1998, pp. 228-231.

54- Con l'espressione 'fatti giuridici' gli autori indicano le asserzioni relative a ciò che il diritto richiede in un caso particolare. Cfr. J.L. COLEMAN, B. LEITER, Determinacy, Objectivity, and Authority, cit., p. 244; J.L. COLEMAN, Truth and Objectivity in Law, cit., pp. 37-45. Sulla distinzione tra oggettività e determinatezza si veda anche il paragrafo 2.1.

55- Hart, ad esempio, a questo proposito afferma che: "la struttura aperta del diritto significa che vi sono, in realtà, delle sfere di condotta in cui deve essere lasciato molto spazio all'attività dei tribunali e dei funzionari che decidono, alla luce delle circostanze, tra interessi in conflitto che variano di importanza di caso in caso. Tuttavia, la vita del diritto consiste in larga misura nella guida che sia sui funzionari sia sui cittadini privati viene esercitata da norme determinate che, a differenza delle applicazioni di criteri variabili, non richiedono da loro un nuovo giudizio di caso in caso". [H.L.A. HART, Il concetto di diritto, cit., pp. 158-159. Corsivo dell'autore].

56- Ho ripreso questo argomento, operando qualche lieve modifica, da T.A.O. ENDICOTT, Vagueness and Legal Theory, "Legal Theory", 3, 1997.
57- MacCormick a questo proposito scrive: "E' possibile immaginare uno spettro che ricomprende i casi giudiziari dal più semplice al più complicato: traversando tale spettro da una parte all'altra non è possibile stabilire, se non vagamente, qual è il punto a partire dal quale è ammissibile sollevare dubbi di "rilevanza", di "interpretazione" e di "classificazione" che legittimino il ricorso all'argomento consequenzialista e agli argomenti basati sui principi o sull'analogia". [N. MACCORMICK, Legal Reasoning and Legal Theory, cit., p. 198]. Peraltro, il fatto stesso che un caso venga presentato in giudizio costituisce un indizio da non sottovalutare a sostegno della tesi secondo cui non c'è una differenza qualitativa tra casi facili e casi difficili. Cfr. J. W. HARRIS, Legal Philosophies. Second Edition, Butterworths, London, Edinburgh, Dublin, 1997, p. 220; R. GUASTINI, Due esercizi di non-cognitivismo, in P. COMANDUCCI e R. GUASTINI (a cura di), Analisi e diritto 1999. Ricerche di giurisprudenza analitica, Giappichelli, Torino, 2000, p. 279. Per una difesa di una distinzione più netta tra casi facili e casi difficili si veda A. MARMOR, Interpretation and Legal Theory, Clarendon Press, Oxford, 1992, pp. 124-154.

58- H. KELSEN, La dottrina pura del diritto (1960), saggio introduttivo e traduzione di M.G. Losano, Einaudi, Torino, 1966, p. 384. Corsivi dell'autore.

59- Per dirla con Kelsen: "…il diritto che deve essere applicato costituisce uno schema, all'interno del quale esistono più possibilità di applicazione; quindi è lecito ogni atto che si attenga ai limiti di questo schema, che cioè sia conforme ad un qualsiasi significato possibile dello schema". [H. KELSEN, ibidem].

60- Più precisamente, Coleman e Leiter distinguono tra oggettività epistemica o procedurale ed oggettività metafisica. Un discorso è oggettivo in senso epistemico se si fonda su criteri di giustificazione oggettivi (cioè, equi o imparziali). Un discorso è oggettivo in senso metafisico se i fatti a cui ci si riferisce sono oggettivi. L'intento di Coleman e Leiter è quello di difendere una concezione dell'oggettività metafisica. Cfr. J.L. COLEMAN, B. LEITER, Determinacy, Objectivity, and Authority, cit., p. 243-244; J.L. COLEMAN, Second Thoughts and Other First Impressions, in B. BIX (edited by), Analyzing Law. New Essays in Legal Theory, cit., pp. 289-296.

61- J.L. COLEMAN, B. LEITER, Determinacy, Objectivity, and Authority, cit., p. 246. Corsivo degli autori. La distinzione tra determinatezza ed oggettività è più sfumata di quanto Coleman e Leiter lasciano intendere. E' significativo, a questo proposito, che l'"argomento della democrazia", utilizzato dagli autori a sostegno dell'idea che una teoria del diritto liberale richiede soltanto una determinatezza parziale, presuppone che i "fatti giuridici" siano intesi come "ragioni fornite dal potere legislativo" e, dunque, coinvolge, sia pure implicitamente, una certa concezione dell'oggettività. Inoltre, l'affermazione di Coleman e Leiter secondo cui è possibile predicare l'oggettività dei fatti giuridici solo quando il diritto è determinato, mostra chiaramente come i limiti del loro discorso sulla determinatezza si ripercuotano inevitabilmente sulla loro concezione dell'oggettività. Si veda a questo proposito anche il paragrafo 3.3.

62- Si veda a questo proposito il paragrafo 1.2.

63- J.L. COLEMAN, B. LEITER, Determinacy, Objectivity, and Authority, cit., p. 257.

64- J.L. COLEMAN, B. LEITER, ibidem.

65- In questa sede ho ritenuto sufficiente attenermi alla ricostruzione critica del pensiero di Moore proposta da Coleman e Leiter. Cfr., tuttavia, almeno M.S. MOORE, Interpreting Interpretation, in A. MARMOR (ed. by), Law and Interpretation. Essays in Legal Philosophy, cit., pp. 1-29; J.J. MORESO, La indeterminación del derecho y la interpretación de la Constitución, Centro de Estudios Politicos y Constitucionales, Madrid, 1997, pp. 188-194.

66- Raz sostiene che il criterio della congruenza in ambito giuridico non si riduce ad un mero test di adeguatezza tra le credenze di uno stesso individuo, ma presenta un carattere di maggiore intersoggettività. Nel caso del diritto, infatti, bisogna armonizzare - sia al livello generale di teoria del diritto, sia al livello particolare delle varie discipline giuridiche, sia al livello delle decisioni giudiziali - le proprie convinzioni sul diritto con una base, che Raz sulla scorta della sources thesis definisce oggettiva, costituita dall'insieme dei documenti legislativi riconosciuti da tutti come l'ossatura di un ordinamento giuridico spazialmente e temporalmente determinato. E' appena il caso di sottolineare che Raz, a differenza di Moore, accoglie una concezione coerentista della giustificazione giuridica, ma rifiuta il realismo metafisico. Cfr. J. RAZ, The Relevance of Coherence, in ID., Ethics in the Public Domain. Essays in the Morality of Law and Politics, Clarendon Press, Oxford 1994, pp. 277-325. L'autore che ha dato il via al dibattito sul ruolo della congruenza nella giustificazione delle decisioni giudiziali e, più in generale, nella conoscenza giuridica è certamente Ronald Dworkin. A questo proposito mi permetto di rimandare a A. SCHIAVELLO, Su "congruenza" e "diritto": un'analisi comparata di modelli diversi, "Ragion Pratica" 9, 1997.

67- Così J.L. COLEMAN, B. LEITER, Determinacy, Objectivity, and Authority, cit., p. 258. Per un'analisi più dettagliata delle obiezioni tradizionalmente mosse alla teoria della verità come coerenza si veda E. DICIOTTI, Verità e certezza nell'interpretazione della legge, cit., pp. 23-26.

68- Si veda il paragrafo 1.3. Cfr. J.J. MORESO, La indeterminación del derecho y la interpretación de la Constitución, cit., p. 80; B. CELANO, Efficacia, anti-realismo, interpretazione, in P. COMANDUCCI e R. GUASTINI (a cura di), Analisi e diritto 1999. Ricerche di giurisprudenza analitica, cit., p. 237.

69- F. VIOLA, Il diritto come pratica sociale, Jaca Book, Milano, 1990, pp. 163-164. Corsivo dell'autore. In modo analogo Coleman scrive: "…[una] pratica, e la portata dei doveri che da tale pratica scaturiscono, eccedono l'estensione del comportamento convergente". [J.L. COLEMAN, Truth and Objectivity in Law, cit., p. 65].

70- Un'obiezione di questo tipo è stata ad esempio sollevata nei confronti dell'idea rawlsiana di ragione pubblica. Cfr. J. RAWLS, Liberalismo Politico (1993), trad. di G. Rigamonti, Edizioni di Comunità, Milano 1994; J. RAWLS, The Idea of Public Reason Revisited, "U. Chi. L. Rev.", 64, 1997, pp. 765-807; J. HABERMAS, Per la critica del liberalismo politico di John Rawls, "MicroMega", Almanacco di filosofia 1996, pp. 26-50, in particolare, pp. 46 e ss.

71- A. ROSS, Diritto e giustizia (1958), trad. di G. Gavazzi, Einaudi, Torino, 1965, p. 95. MacCormick in modo analogo scrive: "i giudici presentano se stessi come coloro che decidono in modo imparziale le controversie in cui si confrontano i cittadini tra loro o la pubblica accusa ed i cittadini. Essi si definiscono in questo modo perché, almeno all'interno della cultura politica dominante, questo è quello che ci si aspetta che siano. I giudici sono nominati per accordare giustizia "secondo la legge" ed i cani da guardia dell'interesse pubblico sono sempre pronti ad abbaiare loro dietro se danno l'impressione di fare qualcosa di diverso". [N. MACCORMICK, Legal Reasoning and Legal Theory, cit., p. 17].

72- H.L.A. HART, Il concetto di diritto, cit., pp. 95-108.

73- J.L. COLEMAN, B. LEITER, Determinacy, Objectivity, and Authority, cit., p. 263. Un comportamento convergente X sotto-determina la regola Y, quando X non giustifica solamente Y.


74- Questa obiezione è stata presentata in modo particolarmente efficace da Ronald Dworkin nel contesto della sua analisi critica della teoria dell'obbligo di Hart. Cfr. R. DWORKIN, I diritti presi sul serio, cit., pp. 126-140. Si vedano le repliche di Hart in H.L.A. HART, The Concept of Law (Second Edition), cit., pp. 254-259.

75- J.L. COLEMAN, Negative and Positive Positivism, cit.

76- D. LEWIS, Convention. A Philosophical Study, Basil Blackwell, Oxford, 1969, in particolare pp. 36-82.

77- J.L. COLEMAN, Negative and Positive Positivism, cit., p. 43.

78- Su questo punto, si veda anche il paragrafo 2.2.

79- J.L. COLEMAN, B. LEITER, Determinacy, Objectivity, and Authority, cit., p. 266. Su questo modo di intendere l'oggettività si veda anche il paragrafo 1.

80- J.L. COLEMAN, B. LEITER, ult. cit., p. 265. Coleman in un altro suo lavoro afferma invece che una concezione dell'oggettività deve necessariamente essere almeno in parte trans-domain: "vi sono certi concetti che io definisco "filosofici": tra questi, vero, reale, oggettività, conoscenza. Parte di quello che io voglio dire su concetti filosofici di questo tipo è che un'analisi appropriata di essi deve attraversare le molteplici pratiche in cui essi ricorrono". A partire da questa premessa, l'oggettività modesta viene presentata come una concezione alternativa rispetto all'oggettività in senso forte ed all'oggettività minimale. Cfr. J.L. COLEMAN, Truth and Objectivity in Law, cit., p. 66.

81- J.L. COLEMAN, B. LEITER, ult. cit., pp. 266-268.

82- E' opportuno precisare che Coleman e Leiter non distinguono tra 'concetto' e 'nozione'. Più precisamente, essi intendono il primo termine come sinonimo del secondo. Per una certa tradizione filosofica, che può farsi risalire al Wittgenstein di On Certainty, tale distinzione riveste invece un'importanza cruciale. Il concetto è infatti considerato come il punto di partenza semantico minimale condiviso da coloro che intendono elaborare una nozione. Quest'ultima è invece l'esito del processo di attribuzione di un significato compiuto ad un determinato concetto. Sulla distinzione tra 'concetto' e 'nozione' si veda V. VILLA, Conoscenza giuridica e concetto di diritto positivo, cit., pp. 30-38, 135-139; V. VILLA, Costruttivismo e teorie del diritto, cit., pp. 9-35.

83- Qui faccio riferimento alle riflessioni di Dworkin successive a Taking Rights Seriously.

84- In particolare, Dworkin soprattutto nei suoi ultimi scritti ha sviluppato nei confronti dell'oggettività un atteggiamento che è stato definito "deflazionistico". In breve, egli sembra sostenere che non sia il caso di parlare di oggettività in relazione all'interpretazione, in quanto la correttezza o meno delle affermazioni in questo ambito di discorso dipende del tutto da argomenti interni alla pratica in questione e non anche da argomenti che in qualche modo sono da ricollegarsi ad una realtà esterna alla pratica. In altri termini, egli nel caso specifico delle pratiche interpretative considera 'oggettività' e 'verità' come redundant words. Dworkin si serve di questo argomento per criticare quella forma di scetticismo che egli definisce esterno o archimedeo. Ad esempio, lo scettico esterno sostiene che non si può affermare che l'enunciato 'la schiavitù è ingiusta' è vero dal momento che nell'universo non esiste qualcosa come l'ingiustizia della schiavitù. Secondo Dworkin, l'errore dello scetticismo esterno è quello di non comprendere che "il gioco che si sta giocando" non ha tra le sue regole quella della corrispondenza con la realtà; esso consiste piuttosto nel presentare i migliori argomenti possibili a sostegno delle proprie opinioni o credenze. Dunque, quando lo scetticismo esterno sostiene che le nostre convinzioni non sono "reali", afferma una cosa vera ma anche ovvia e di nessuna utilità. Queste osservazioni di Dworkin sono tuttavia difficilmente conciliabili con la sua critica del convenzionalismo (cfr. par. 3.2.) e con la sua tesi dell'unica risposta giusta. Cfr. R. DWORKIN, My Reply to Stanley Fish (and Walter Benn Michaels): Please Don't Talk about Objectivity Any More, in W.J.T. MITCHELL (ed. by), The Politics of Interpretation, The University of Chicago Press, Chicago and London, 1983; R. DWORKIN, Objectivity and Truth: You'd Better Believe It, "Philosophy & Public Affairs", 25, 1996; J.L. COLEMAN, Truth and Objectivity in Law, cit., in particolare pp. 48-61; N. STAVROPOULOS, Objectivity in Law, Clarendon Press, Oxford, 1996, in particolare pp. 160-162.

85- R. DWORKIN, I diritti presi sul serio, cit., p. 203. Così anche K. GREENAWALT, Law and Objectivity, cit., pp. 208-212.

86- J.L. COLEMAN, B. LEITER, Determinacy, Objectivity, and Authority, cit., p. 275. A questo proposito si può notare che in Law's Empire Dworkin non usa più l'espressione one right answer, ma preferisce parlare di: "[…] modo corretto […] di decidere un caso difficile". [R. DWORKIN, L'impero del diritto, cit., p. 382. Ho ripreso questa osservazione filologica da B. BIX, Law, Language and Legal Determinacy, Clarendon Press, Oxford, 1993, p. 107]. Per un'analisi più approfondita della concezione dell'oggettività di Dworkin si veda A. SCHIAVELLO, Diritto come integrità: incubo o nobile sogno? Saggio su Ronald Dworkin, cit., pp. 228-244 ed anche V. VILLA, Costruttivismo e teorie del diritto, cit., pp. 167-181.

87- Ancora una volta, non intendo sostenere necessariamente che non sia possibile sfuggire in assoluto la dicotomia tra oggettività in senso forte ed oggettività minimale. Più modestamente, ritengo che l'analisi di Coleman e Leiter non permetta di raggiungere questo risultato.

88- J.L. COLEMAN, B. LEITER, Determinacy, Objectivity, and Authority, cit., p. 270. Corsivi degli autori.

89- J.L. COLEMAN, B. LEITER, ibidem.

90- Cfr., ad esempio, V. VILLA, Costruttivismo e teorie del diritto, cit., p. 12.

91- H.L.A. HART, Il concetto di diritto, cit., p. 3.

92- A differenza di Coleman e Leiter, Dworkin ritiene che la sua concezione dell'oggettività sia applicabile anche al discorso morale. Cfr. R. DWORKIN, Objectivity and Truth: You'd Better Believe It, cit.

93- Si veda il paragrafo 2.2.

94- Si veda il paragrafo 3.

95- R. GUASTINI, Due esercizi di non-cognitivismo, cit.